Con questo titolo qualche anno fa esultavamo per la nomina cardinalizia di Monsignor Renato Martino, sottolineando il suo legame con la sua e nostra Parrocchia della SS. Annunziata.
Con evidente ossimoro precisavamo subito che in questo caso l’ombra del campanile non andava intesa quale oscuro residuo del passato, ma piuttosto quale fonte luminosa, capace di proiettarsi sul mondo intero, dal momento che la Parrocchia forma anime e menti di valenza grande ed attuale. Tale riflessione risulta ancor più significativa e attuale nel momento in cui Mons. Renato ci lascia, dovendosi ribadire che la stessa ombra del dispiacere e del distacco si trasforma in luce, nella luce dell’abbraccio del Padre per chi come lui lo ha ben meritato. E questa luce spinge noi parrocchiani più che a ripercorrere il corso della “grande” carriera del Cardinale nel seno della Chiesa, a ripensare alla sua “piccola nascita” ed ai suoi primi passi, in questa Parrocchia.
Ed invero Mons. Martino non nasce all’ombra del Cupolone, ma all’ombra di un campanile del centro storico salernitano, quello della Chiesa della SS.Annunziata. Nasce (il 23.11.1932) da un famiglia di solidi sentimenti cristiani e cresce a contatto con Don Aniello Vicinanza “Priore” dell’Annunziata, forte figura di pastore e parroco, fra l’altro noto per essersi offerto come ostaggio, in luogo di parrocchiani catturati, alle truppe tedesche in ritirata. Non meno forti e storiche sono le figure dei Vescovi della sua adolescenza: Mons. Nicola Monterisi e Mons. Demetrio Moscato, il primo unica autorità rimasta a presidiare la città durante il più intenso momento bellico, il secondo protagonista della rinascita della Chiesa salernitana dopo il travaglio di quell’epoca. In questo periodo di formazione e di rinascita serba ruolo centrale l’Azione Cattolica. Nella Parrocchia dell’Annunziata –come in tutte le altre – essa forgia una generazione di cristiani che daranno contezza di sé e genuina testimonianza nella vita civile, professionale, religiosa. Mons. Renato Martino, protagonista primario di tale vita associativa e particolarmente rivolto all’attività missionaria, costituisce l’espressione più alta e più bella di questa generazione. Pur collocandosi presto per i suoi studi e per la sua carriera all’ombra del Cupolone di San Pietro, il nostro Don Renato non reciderà i suoi legami con il nostro campanile, non tanto per la materiale collocazione della casa paterna, sede dei suoi ritorni, ma per il profondo ed inestinguibile legame con la Parrocchia, alla quale donerà, tra l’altro, le artistiche vetrate. Ritorni in occasione dei quali, non amando parlare di sé e delle sue alte missioni , rifugiandosi nella sua naturale semplicità, amerà dare prova delle conoscenze culinarie acquisite all’estero, unite alle solide basi indigene della materia. Per ragione di età qualcuno lo ricorda con i calzoni corti partecipare alle gite parrocchiali alla Badia di Cava ed al Monte San Liberatore, partecipare attento e consapevole alle “adunanze” dell’A.C., diffondere la pubblicazioni della giornata missionaria. Nel trascorrere del tempo altri lo vedranno mano mano, ammirati e partecipi, vestirsi del nero dell’abito talare, quindi del rosso violaceo vescovile, infine della porpora cardinalizia.
Muteranno i colori ma non le virtù e l’amore reciproco tra Cardinale e fedeli, accomunati ed illuminati dall’ “ombra del campanile”.
Francescopaolo Ferrara