Per noi suona la campana

di Donato Ferrara

La riflessione che voglio condividere sul sito mi è nata nel cuore il 24 giugno 2014, quando è stata riattivata la campana (e l’orologio) del nostro campanile, nei giorni antecedenti la riapertura della nostra chiesa.

Riascoltare quel suono mi ha fatto subito pensare, ispirato dal romanzo di Hemingway “Per chi suona la campana”, al titolo dell’articolo, in altre parole al significato che quel suono aveva per noi.

Ma continuando a riflettere e ad elaborare traslitterazioni sul titolo del romanzo del noto autore americano, è spuntata una domanda: “Perché suona la campana?”

Nei giorni del 2010 in cui hanno spento l’orologio, ho notato e riflettuto su come per capire l’orario si volgesse lo sguardo (o l’orecchio) al cielo, verso il campanile; quindi, pur cercando un’informazione “terrena”, la presenza del campanile ci “costringeva” a guardare verso il cielo, a guardare al Signore, ad avere come “riferimento” per le nostre giornate, Lui, a tutte le ore!

Un gesto scomparso nel tempo, da quando hanno chiuso il campanile, o meglio da quando negli anni ’50, c’è stata la diffusione degli orologi da polso.

Andiamo ancora più indietro nei secoli: gli antichi guardavano il sole per sapere l’orario; poi nel tempo gli orologi delle torri e dei campanili, che guidavano le giornate degli uomini, cadenzando gli orari e sottolineando con suonate variegate un richiamo alla partecipazione alle celebrazioni.

Oggi, invece, siamo tutti autoreferenziali, guardiamo a noi stessi, al nostro polso, senza più alzare gli occhi al Signore, senza avere più come riferimento Lui, ma solo noi.

Oggi si cerca la “socialità” nei nuovi media, maggiormente negli smartphone. Una volta era il campanile l’elemento social (per dirla con termini contemporanei) a cui far riferimento. Ci avvertiva di tutti gli eventi: le celebrazioni delle messe, i funerali e poi le gioie, quella più bella di tutte era ed è la suonata a distesa della mattina di Pasqua.

Una melodia usata poche volte durante l’anno: Pasqua, San Matteo e il 25 marzo; è proprio per questa suo utilizzo sporadico che desta, però, sorpresa e gioia quando la si ascolta, ridesta gioia e spesso rievoca ricordi.

Uno dei miei ricordi più belli è senz’altro quello della festa dell’Annunziata, il 25 marzo. Quando ero ragazzo, in quel giorno il quartiere viveva la festa in modo ancora più sentito e colorato di quanto lo sia oggi.

La campana ci avvertiva di un evento: la festa della nostra parrocchia. Non guardavamo il cellulare per sapere di cosa si trattasse, lo sapevamo già; per i più distratti bastava uscire per le strade adiacenti la chiesa e vedere le bancarelle di dolciumi e quello era il nostro “mi piace”.

In conclusione, spero di non aver trasformato questa mia riflessione in un ricordo malinconico dei tempi che furono, scritto da un ex giovane, ma di aver fatto trapelare, attraverso la gioia di aver riavuto il campanile, il mio messaggio, ovvero la speranza che il nostro sguardo, i nostri sensi, siano orientati all’alto e dall’alto e non verso futili contesti, nei quali cerchiamo solo di raccogliere con fini egocentrici quanti più “mi piace” possibili.

Il nostro cuore, i nostri occhi guardino a Lui ed al nostro prossimo che ci è accanto e non al nostro smartphone.